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Dopo due isolate edizioni tra Quattro e Cinquecento, il Dittamondo di Fazio degli Uberti conosce una certa fortuna agli inizi del XIX secolo, con tre stampe nell'arco ridotto di una quindicina d'anni, dal 1820 al 1835. Resta invece inedito, affidato a sei voluminosi manoscritti autografi conservati presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro, il tentativo di edizione procurato da Giulio Perticari, prematuramente scomparso nell'estate del 1822. Tali materiali costituiscono un caso editoriale meritevole di indagine non solo perché documentano la stretta collaborazione tra il Perticari e suo suocero, Vincenzo Monti, ma soprattutto perché sono corredati di un cospicuo apparato di postille, tra le quali spiccano oltre settecento note relative al Vocabolario della Crusca. Di queste il volume fornisce l'edizione critica, accompagnata da un'introduzione volta a illustrare le vicende editoriali del poema e da un'appendice che mostra la relazione tra gli inediti del Perticari e la successiva stampa del Dittamondo uscita a Milano nel 1826, sotto l'egida del Monti. Oltre a mettere in luce il modo di procedere dei due letterati nella ricostruzione del testo, le postille, poi parzialmente confluite nella Proposta montiana, dimostrano che, negli intenti di Perticari e Monti, l'edizione del poema avrebbe dovuto presentarsi come un momento di forte polemica nei confronti dell'Accademia della Crusca.